Sui 2000 meridionali della cresta del Gran Sasso: monti Siella, Tremoggia e Camicia

Luca voleva il Camicia a tutti i costi, io cercavo la missione perlustrativa verso il Dente del Lupo per l’imminente (forse) spedizione per conquistarlo e Giorgio sciacquettava al mare . Gli ingredienti per volgere lo sguardo di nuovo verso le creste meridionali del gruppo del Gran Sasso c’erano tutti. Alle 6 e 40 di una giornata tersa, luminosa e per fortuna dominata da un leggero vento fresco abbiamo attaccato la parete del Siella, quasta volta nel vallone a destra della salita “normale” a Fonte Fredda. Una specie di direttissima se così si può chiamare una salita al Siella; il vallone costeggia e vira a nord intorno al promontorio che sulle carte è solo una quota di 1928 mt, ma con Luca che tira, seguire le linee naturali della montagna è pressochè impossibile. Dopo i primi passi a seguire il selvaggio vallone disseminato di tronchi caduti e di fioriture dai colori vivacissimi, come Luca ha intuito che ci si allontanava gradatamente dalla diretta della vetta ha puntato alla linea più breve verso la cresta. Da lì sotto la verticalità della parete non sembrva così impossibile come dal parcheggio. L’ho lasciato andare e l’ho seguito. Ero cosciente che avrei perso il progetto di una passeggiata calma e serena ma in cambio avrei avuto un notevole risparmio di tempo nel ruolino di marcia. Tratti di verticalità accentuata si facevano superare facilmente grazie ai soliti gradoni erbosi di queste montagne e solo in prossimità della cresta qualche grado in più che probabilmente ci stava portando su una pendenza vicina al 45% ci ha riservato qualche leggera difficoltà di equilibrio. La presenza di rocce ci è venuta in soccorso, piccoli passaggi di II grado e intorno alle 8 siamo sbucati in cresta, dominata ormai da un sole già alto e cocente e a soli 5 minuti di cammino dalla vetta. In cima, come sempre, la sensazione era quella di dominare il mondo. Il mare e tutta la campagna del chietino da una parte e dall’altra la piana di Campo Imperatore con la mole del Bolza e dietro il Sirente. A Nord le mete della nostra giornata, il Tremoggia e il Camicia chiamavano già alla ripartenza immediata, Luca per voglia di conquista di vette nuove io per la voglia di avvicinare e cercare di capirne qualcosa di più sullo spauracchio del Dente del Lupo. Ci siamo concessi per un po’ la calma delle vetta del Siella. La salita al Tremoggia è una formalità; fino alla sella di Fonte Fredda è una passeggiata tra due immensi panorami, il Tremoggia è uno spigolo da attaccare solo con la pazienza del lungo, estenuante pendio. Il mio sguardo è rivolto però sempre a quella roccia accuminata del Dente del Lupo. Più mi avvicino più mi chiedo da dove può essere attaccato. Quasi in cima al Tremoggia in solo un’ora di cammino, dove la rotondità della sommità viene evidenziata dal blu del cielo un branco di cavalli lentamente si scopre alla vista. Sagome slanciate nell’azzurro. Un modo insolito di vedere cavalli al pascolo. Impossibile non fotografarli. Mentre Luca, come al solito, in prossimità del traguardo si lancia in accelerazione come se dovesse inseguirla la vetta, io mi butto giù verso il versante teramano a raggiungere una balconata verso il salto sottostante. Poi c’è ancora da scendere e allora ancora più giù a cercare di scoprire il mistero del “Dente”. Raffiche di foto da studiare a casa. Mi volgo indietro. Luca non lo vedo, la cima del Tremoggia è lassù già più di cento metri sopra di me. Non so se scendere o risalire. C’è molto da scendere ancora e c’è ancora molto da percorrere per salire al Camicia. Risalgo. Luca è beatamente disteso in vetta, pacifico come sempre a rimirare i panorami sconfinati. Miriadi di Genziane formano un prato azzurro; mi stendo in mezzo, la sensazione di quanto sia bella la montagna è tutta li. Poi Luca si incuriosisce sul Dente, nel riprendere il percorso ci affacciamo di nuovo per parlare insieme di come attaccarlo e il resto lo fa la sua irruenza. Dai andiamo a prenderlo!! Non so se è serio nel dirlo, non so se capisce le difficoltà di ciò che abbiamo davanti e non mi riferisco solo al Dente ma a tutta la discesa a e la risalita del Gravone per raggiungerlo, ma mentre lo dice è già in fuga. Tento di fermarlo ma è come parlare al vento. Mi butto ad inseguirlo a metà nell’intento dal fermarlo e dal vedere dove si va a finire. Tagliamo il pendio in diagonale, entriamo dentro il canale che scende dalla Sella del Tremoggia; la pendenza si fa insidiosa e l’imbuto sotto di noi sembra non avere fine se non in mezzo ai boschi molte ma molte centinaia di metri più sotto. Luca è il solito stambecco, vola. Io mi devo impegnare a combattere la mia solita eccessiva prudenza e la mia precaria stabilità su quei pratoni scivolosi come saponette. Passiamo diversi salti di roccia, li aggiriamo e scendiamo, scendiamo, scendiamo. Fino ad una cresta che non si può varcare. Pensavo fosse il limite raggiunto anche dalla bramosia di Luca ed invece è già lì che la aggira e si infila ancora di più dentro quel canale che ormai è un precipizio o poco ci manca. Il Dente è sempre più vicino, enorme, affascinante ma le reali proporzioni ce le forniscono tre escursionisti che ci accorgiamo stare a salire il Gravone; sono minuscoli puntini, formiche, di meno, pulci nella vastità dell’ambiente sempre più di vera montagna. Capiamo, anche Luca, il che sa di incredibile e fornisce la giusta realtà alle difficoltà che si potrebbero incontrare scendendo da quel versante, quanto si debba ancora scendere per intercettare il canale del Gravone e quanto ci sia poi da risalire per arrivare alle pendici del Dente. Ci fermiamo battuti dall’evidenza su un balcone in leggera pendenza. Davanti lo spettacolo immenso di questo accuminato sassone. E l’impotenza di muoversi viene alleviata solo dal risparmio di energie per poter continuare la salita al Camicia. Le foto da quel punto panoramico di eccellenza parleranno della fattibilità del progetto “Dente”. In quel momento non rimaneva che riguadagnare i 300 metri e più persi nel fuori programma. Salire è meno problematico che scendere anche se le pendenze fino alla Sella del Tremoggia sono da tenere in grande considerazione; prati erbosi forniscono pochissimi appigli e una scivolata in quella pendenza potrebbe riservare delle sorprese spiacevoli. In sella riprendiamo il sentiero verso il Camicia che abbandoniamo subito per percorrere in cresta tutte i “denti” della famosa parete Nord. Prima, altre panoramiche di discesa al Dente del Lupo, attraverso la cresta della parete Nord, poi un contatto, anche se lontano, con due camosci che se ne stavano abbarbicati su un torrione e finalmente le stordenti visioni degli immensi e verticali vuoti delle pareti dell’Haigher degli appennini. Un’ora arrampicati sulle rocce per seguire ogni dettaglio degli strapiombi, per farsi stordire da ogni sensazione di vuoto come solo quelle creste sanno regalare. Al culmine delle creste solo un proforma è stato salire in vetta al Camicia.Erano le 12 e 10 quando ci siamo arrivati, un’eternità di tempo per arrivare, un’eternità di tempo regalata alla perlustrazione del territorio. Come sempre la vetta è popolata da ogni tipo di escursionista; ci siamo appartati poco sotto, al riparo dal vento e al cospetto del piano di Campo Imperatore e del Prena. Un buon punto di osservazione per studiare il profilo della Cimetta, la vetta mancata solo quindici giorni prima e per far venire voglia di Centenario a Luca. Un appuntamento goloso ci aspettava in valle. Una sosta a base di arrosticini ci ha dato un motivo in più per affrettare la partenza, un altro è stata la lunga fila di escursionisti che si stava apprestando a ridiscendere. La discesa per il Vallone di Vradda è stata velocissima. La ricordavo noiosa ed estenuante, senza più stimoli e senza punti di interesse se non la mole del Camicia che ti sovrasta letteralmente. E’ stata invece una volata. In un’ora e venti abbiamo coperto l’intero dislivello; in pratica siamo precipitati! Alle 14,10 eravamo a far rifornimento della gelata acqua di Fonte Vetica. Mezz’ora più tardi a far la fila da Mucciante per gustarci il nostro premio di gola.